La malattia di mio padre mi ha plasmata. Io non sarei l’Alessia di oggi senza l’ Huntington. Sono cresciuta con il punto fisso del dolore, della sofferenza, della malattia. Sono cresciuta nella totale negatività! A 20 anni riesco tranquillamente a calarmi in qualsiasi tipo di circostanza, come se fossi una donna matura, ricca di esperienze, con un bagaglio di vita alle spalle…..e invece ho solo 20 anni, ma di esperienze ne ho da vendere! Ho visto e vissuto situazioni tristi nella mia infanzia/adolescenza, situazioni che non augurerei a nessuno di vivere. E tutto questo mi ha cambiata. Mi specchio davanti al mio trascorso passato ogni singolo giorno. La malattia non lascia mai la mia testa, è sempre lì, onnipresente, testimone di ogni mia giornata. Quando mi capita di conoscere qualcuno o di far entrare qualche nuova persona nella mia vita, dopo una prima conoscenza, subito dentro di me iniziano le preoccupazioni, i dubbi, le paure su come poter parlare dell’Huntington. Mi sento quasi in dovere di parlare dell’ Huntington, perché io sono anche questo: “Io sono Alessia, figlia di un padre malato di Huntington, con il 50% di probabilità di ereditare la malattia.” Tutto ciò, molto spesso, ha fatto evincere la mia grande difficoltà ad instaurare rapporti, soprattutto con miei coetanei, i quali, purtroppo, non mi sanno comprendere. Qualsiasi attività, dallo studio, al lavoro, all’instaurare un’amicizia o una relazione, è compromessa: sei sempre e comunque diversa! “Diversa” è la parola che continuamente riecheggia nella mia mente, e che tante volte, avrei voluto che si tramutasse in “uguale a tutti gli altri”. È difficile, molto spesso mi rendo conto che tutto questo mi ha anche cambiata, a volte in positivo: mi sento una ragazza in gamba sotto molto punti di vista, ho molta responsabilità, maturità, so mettermi nei panni altrui e so comprendere molte circostanze.

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